Il marketing sta diventando uno dei settori più complessi al mondo, ma, da ormai molto tempo, ha dalla sua parte un alleato che sta portando a risultati sempre più evidenti: i servizi digitali delle TV on demand. Il catalogo dei programmi, dei canali e della tipologia di intrattenimento è praticamente infinito, per venire incontro alle esigenze del pubblico. Di rimando, è il pubblico stesso a determinare scelte e a contribuire quindi a costruire il futuro dell’entertainment. Tutto ciò ha forti legami con il mondo della pubblicità, principale fonte degli investimenti che rendono possibile la qualità delle produzioni.
Serie TV: un riflesso dei desideri dell’audience
A tutti sarà capitato di voler interpretare lo strano sogno della notte precedente. Lasciando da parte la psicologia freudiana, possiamo tranquillamente affermare che i giganti dell’intrattenimento on demand sanno interpretare i nostri sogni e desideri in modo sempre più preciso. Non si tratta di essere sottoposti a fantomatiche sedute di terapia: in realtà dipende dal grande numero di informazioni che le piattaforme riescono a raccogliere su chi guarda i loro programmi.
I big data, nell’entertainment, sono principalmente costituiti da tutta quell’enorme mole di dati che vengono generati dall’utilizzo dei servizi televisivi digitali, come la tipologia dei programmi, la cronologia, il dispositivo usato, dati anagrafici, eventuali recensioni, adesione a promozioni, o anche le interazioni social e la visione di contenuti aggiuntivi. Si tratta di informazioni che permettono non solo di costruire strategie di advertising efficaci, ma anche di plasmare e indirizzare le scelte delle produzioni, soprattutto per quanto riguarda le serie televisive, ovvero le regine assolute della fidelizzazione.
Ma attenzione: questo infinito gioco di specchi tra domanda e offerta viene comunque continuamente spezzato, per riuscire a conciliare i desideri, sempre più specifici del pubblico, con una programmazione sempre comunque abbastanza generalista. La TV deve saper interpretare le tendenze e superarle, tenendo presente che ormai ha di fronte un’ audience esigenze, che sceglie anche sulla base dell’oggettiva qualità di un prodotto.
Come sta cambiando l’esperienza dell’utente
La digitalizzazione dell’esperienza di intrattenimento, che riguarda i programmi televisivi, così come i passatempi, oppure la presenza e interazione sui social, è naturalmente basata sullo sviluppo di device sempre più performanti. Per questo, la scelta del dispositivo da usare, tablet, cellulare o PC, ormai dipende da scelte personali e non più da particolari limitazioni tecniche.
I contenuti sono disponibili non soltanto attraverso l’apparecchio televisivo, perciò le piattaforme on demand hanno dovuto assecondare le esigenze di nuclei familiari “spaccati” sui gusti e sulle scelte della programmazione da guardare. Ecco quindi il nascere di account che permettono l’accesso a diversi profili utente, con canali sempre più dedicati a generi particolari e addirittura di nicchia.
Tra le tendenze in continua crescita ci sono le serie TV, dove le produzioni fanno a gara per creare esperienze visive e di storytelling coinvolgenti, e superiori, spesso, anche a ciò che accade sul grande schermo. Un esempio ci è dato, ad esempio, da Raised with Wolves, creata dal talento di Ridley Scott (produttore e regista per i primi due episodi). Anche al cinema esisteva, ed esiste tutt’ora, la serialità. Ma qui, il confronto tra androidi, mitraici e atei ha la possibilità di mostrarsi in tutte le sue sfaccettature e carica drammatica in tempi più dilatati e ricchi di avvenimenti. Anche un pianeta sabbioso e accecante, immerso in un universo distopico, diventerà, a poco a poco, sempre più familiare, quasi uno specchio delle nostre stesse fobie, problematiche e speranze.
Cos’è il “brand entertainment”
Dalla pubblicità alla vera e propria creazione di contenuti multimediali: ecco la nuova frontiera del marketing, costola della pubblicità su web e social. Rimanendo nel campo della produzione legata alle serie TV, consiste nel creare delle vere e proprie storie legate al brand, spesso coinvolgendo grandi nomi del mondo del cinema. Certo, il brand entertainment non è per tutti, perché c’è bisogno di investimenti importanti, ma aziende come Coca Cola, BMW e molti grandi marchi legati al mondo della moda lo stanno utilizzando da diverso tempo, e con successo.
Quando si conosce a fondo il proprio target, si è in grado di produrre storie dall’alto valore evocativo ed emozionale, che riescono a toccare le corde giuste e allo stesso tempo ad offrire intrattenimento di qualità, sia dal punto di vista realizzativo che da quello dei contenuti. Emblematica, in questo senso, la serie creata da IBM in collaborazione addirittura con Lucasfilm, dove vengono portati alla luce segreti e misteri della fortunatissima saga di Star Wars, inserendoli in un discorso più ampio legato ai progressi della scienza e della tecnologia. Mettere insieme un’azienda legata al monto IT con gli appassionati di science fiction sembra addirittura troppo ovvio. E, prevedibilmente, questa web serie “ai confini della realtà” ha avuto un riscontro di pubblico decisamente positivo.
In quest’ottica, il vecchio product placement che ancora oggi condivide l’obiettivo con i protagonisti di molte produzioni televisive sembra quasi oggetto di studio di marketing preistorico. È stato completamente smascherato nella maggior parte dei casi, e se esiste ancora forse lo dobbiamo al fatto che sia ancora efficace per alcune realtà. Da una parte abbiamo la scena girata in cucina, con l’attore che estrae il prodotto di turno dal frigo mentre pronuncia una battuta che esula completamente dal minestrone surgelato o dalla tale marca di latte. Dall’altra, il brand entertainment, così ricco di creatività e più “sincero” nei suoi messaggi e finalità. Un vero e proprio salto quantico per i guerrieri del marketing.